Didattica della storia

di Luca Forassiepi
“Mio padre ha visto il primo uomo andare sulla Luna,
e ora che è già il futuro, più nessuno se ne cura.”
Cantava così, nel suo brano “Il Mondo nuovo”, il noto artista italiano Neffa qualche anno fa. Una frase che un piccolo (per ora) gruppo di studiosi sta cercando di smentire: gli archeologi dell’esplorazione spaziale.
Ma in che senso si può applicare il metodo archeologico a un sito di allunaggio così come lo si fa per un antico foro romano, o per un insediamento medievale?
Fig.1: Impronta lasciata dagli scarponi dell’equipaggio dell’Apollo 11 sulla superficie lunare, 20 Luglio 1969. Fonte: NASA. Che cos’è l’archeologia dell’esplorazione spaziale
Andiamo con ordine. L’archeologia dell’esplorazione spaziale (Space Archaeology in inglese), è nata…

di Antonio Brusa
I castelli sono dei mitomotori così naturali, che già in un passato lontano furono sottratti alla storia e trasferiti nel mondo delle fiabe, dove venivano adibiti di solito alla custodia di principesse in lacrime, alla cui sicurezza badavano draghi per lo più sputafuoco. Chiedete a un bambino di disegnare un castello. Molto probabilmente non riprodurrà le fattezze rotondeggianti di quello di Taranto, o gli spigoli dei bastioni di Bari o Barletta, ma nei suoi disegni svetteranno guglie e agili torrette, come nel castello fintomedievale di Neuschwanstein, che piacque così tanto a Walt Disney che ne fece il modello per i suoi cartoni animati e i suoi parchi a tema.
Fig.1: 1 Il castello di Neuschwanstein, costruito da Ludovico II di Baviera alla fine del 1800 FonteDalle fiabe…

di Daniele Boschi
Da diversi anni i medievisti americani e inglesi discutono vivacemente attorno all’uso di un etnonimo, Anglo-Sassoni, mediante il quale viene tradizionalmente indicato l’insieme delle popolazioni germaniche che invasero e dominarono l’Inghilterra a partire dal V secolo d.C.. Alcuni storici hanno deciso di mettere da parte questa espressione, anche per evitare qualsiasi possibile collegamento con le connotazioni razziali o razziste che il termine ha assunto nella propaganda di vari gruppi suprematisti bianchi. Ma altri studiosi contestano questa scelta, anche perché ritengono che sia sbagliato accettare che la ricerca e il dibattito in ambito accademico siano influenzati dal linguaggio usato da gruppi o movimenti politici, a prescindere dal loro orientamento. In…

di Antonio Prampolini
Indice
1. Alle origini della fotografia di guerra
2. Immagini della Guerra civile americana
3. Mathew Brady: The camera is the eye of history
3.1. Da ritrattista a fotografo di guerra
Fig.1: il carro fotografico di Roger Fenton nella Guerra di Crimea Fonte1. Alle origini della fotografia di guerra
Molto stretto è il rapporto tra la fotografia e la guerra. Fin dai primi anni dopo la sua invenzione (1839), la fotografia ha rappresentato un’importante fonte visiva della guerra, con finalità sia di documentazione/informazione degli eventi che di propaganda degli stati belligeranti1.
È con la Guerra di Crimea (1853-1856) che nasce, come genere, la “fotografia di guerra”2. Su incarico del…

di Alessandro Cavalli
Identità personali e identità collettive
Tutti gli esseri umani, prima o poi, consapevolmente o inconsapevolmente, si chiedono: chi sono io? Cioè, riflettono sul concetto di identità. Da Freud in poi sappiamo (in realtà lo sapevamo anche prima di lui) che la domanda ne contiene almeno altre due o tre: chi vogliamo essere (super-ego), chi non sappiano di essere (es o inconscio) e chi pensiamo di essere (Ego).
Tutto questo riguarda l'identità personale, ma non esaurisce il problema. Ognuno di noi infatti non è un individuo isolato, ma fa parte (appartiene) a diverse collettività alle quale facciamo riferimento quando parliamo di “noi”. Alcune identità collettive sono facilmente comprensibili: ad esempio, l'identità di genere (che peraltro anch'essa è messa in…